lunedì 21 maggio 2012

Tablet in classe: sicuri di sostituire così il computer?



La scuola italiana è approdata (o, meglio, può essere approdi prima o poi) ai libri di testo digitali per via di imposizione di legge (art. 15 della Legge 133 del 6 agosto 2008). Il ministro dell’Istruzione Francesco Profumo recentemente ha parlato di tablet in classe per lo studio e i libri.
Vi sono case editrici “nate 100per100 digitali” che hanno loro visioni in merito. Il nostro post dà voce a chi sui libri di testo digitali fa una proposta che è anche una scommessa, Noa Carpignano di BBN Editrice.
Non sono mai entrata nel merito dei supporti (ereader o tablet) e dei formati. Solo nei confronti dei DRM ho lanciato qualche anatema, ma la questione dell’hardware non mi ha mai coinvolta. Noi di BBN infatti abbiamo scelto di continuare a lavorare pensando ai testi digitali per le scuole come a testi diversi da quelli che stavano diventando gli ebook, e pensando di utilizzare qualsiasi formato utile alla didattica purché in qualche modo accessibile (accessibilità richiesta anche dalla normativa per l’adozione dei testi scolastici).
I nostri testi sono quindi stati creati per vivere in un ambiente, non su un supporto, tutti collegati fra loro in un ambiente didatticoDidaSfera – che è consultabile con un computer, con un tablet, con un ereader, con un cellulare.
L’altro giorno sono stata con mio figlio all’Unieuro per comprare un “vestitino” nuovo all’iPad. E lui si è divertito a connettersi a DidaSfera da tutti i dispositivi messi lì in prova, e a fotografare la videata di ciascuno. Poi li lasciava lì, connessi: “Mamma, così ti fo’ pubblicità”. E mentre giravamo tra quelle meraviglie (carinissimo il Samsung Note), io pensavo: “Speriamo che a scuola non si fermino agli iPad”.
Spero, davvero, che presto ogni studente abbia un tablet (iPad, Samsung… che so, non fa differenza), ma non posso, non voglio, pensare che questi possano sostituire un computer. Specialmente a scuola.
Io vedo mio figlio, che è cresciuto su queste “macchine”: a due anni e mezzo ha fatto il suo primo disegno su Illustrator, a sei anni passava indifferentemente da Mac a Pc e andava a caccia di programmi che potessero girare su entrambi, a 10 ha chiesto di avere un blog, a 11 girava impunemente su Second Life, a 12 impaginava le ricerche su InDesign e ora, che ne ha quasi 13, sta appeso all’iPad con lo stesso spirito con il quale sta davanti al televisore: in piena fase di regressione cognitiva.
Sì, sì, clic qui e clic là, anzi, tap qui e tap là per un minimo di interattività. Ma la passività che consentono questi tablet è preoccupante: l’unica cosa che ha imparato è il numero della mia carta di credito.
Ce li propinano, pacchetto chiuso, ci mettiamo le App, pacchetti chiusi, e buonanotte. E i piccoli hacker non crescono.
Siamo disposti a rinunciare agli studenti smanettoni?
È curioso notare, girando per i forum “alternativi” di cheaters (bot et similia), che la maggior parte dei coders sono ragazzi dell’Est, forse perché non hanno a disposizione troppa pappa pronta, ma devono imparare a cucinarsela.
Io ho sempre detto che bisogna smantellare i laboratori di informatica nelle scuole a favore di aule con i computer, uno per banco. Ora, se si pensa a “studenti ipadmuniti” (a spese di chi?), finirà che i laboratori rimarranno dove sono, utilizzati solo dal docente di informatica, e solo in quelle scuole nelle quali i corsi di studio prevedono la specifica materia. E a casa, visto che non c’è bisogno di un Pc per accedere a Facebook e Skype, tutti rottameranno man mano che invecchiano le ingombranti macchine a favore di un tablet a testa, come i cellulari.
Ci ritroveremo, pensa un po’, con ragazzi che a 18 anni non hanno mai acceso un computer.
Ecco, io penso che il tablet sia uno strumento utile, che la sua sperimentazione in classe dovrebbe essere diffusa, ma non dovrebbe sostituire il computer. E questo perché se avessimo comprato l’iPad anche solo sei mesi prima, mio figlio non avrebbe provato TheBrain, non avrebbe mai chiesto come si crea un plug-in per WordPress e, soprattutto, non avrebbe scoperto Tor.
Tutte queste mie preoccupazioni non hanno senso alcuno, se siamo convinti che i tablet possano sostituire in tempi brevi il computer così come lo conosciamo. Però, in questo caso, altre fosche visioni prendono il loro posto: siamo sicuri di voler lasciare alle multinazionali e ai governi la decisione su che cosa far girare sulle nostre macchinette? Il progetto Palladium, che qualcuno di voi ricorderà, e il trusted computing in generale, hanno oggi altre declinazioni. Siamo sicuri di voler perdere quel poco di libertà sui contenuti che ci siamo in questi anni conquistati? Perché solo lì può portare questa strada, temo.
Noa Carpignano è amministratore e art director di BBN Editrice. (Non mancate di seguirla sul suo blog Currenti calamo).

http://www.ebookreaderitalia.com/tablet-in-classe-sicuri-di-sostituire-cosi-il-computer/ 

2 commenti:

gradesci ha detto...

L'articolo "mette molta carne al fuoco" in una prospettiva di malcelato scetticismo. Non so proprio cosa dire. Tutte le stime sull'utillizo del "computer" danno per defunte le applicazioni di concezione fissa e/o portatile per spingere verso lo sviluppo del "mobile". Del resto, la capacità di calcolo di un ipad è "infinitamente" superiore a quella del pc da cui sto digitando. Al solito,in un quadro concettuale, si può sempre asserire che si tratta di strumenti e ciò che conta è il loro utilizzo. Occore sperimentare con attenzione e senza preconcetti.

fara ha detto...

L'utente deve sempre conservare la propria capacita discrezionale. Non può rimanere soltanto semplici utilizzatori di app. Non si può poi negare la portabilità, la velocità e la capacita di un tablet, che diventa l'indispensabile collegamento con il web.